Idoli. Il potere delle immagini
Fin dalla preistoria l’uomo ha sentito la necessità di rappresentare la figura umana: con i graffiti e le pitture murali, ma anche in forma tridimensionale. Da quei lontanissimi tempi, ci è giunta un’immensa quantità di statuette realizzate in diversi materiali. Quale fosse il loro significato- valore simbolico, religioso o di testimonianza, espressione di concetti metafisici, funzione rituale o politica- e quali soggetti rappresentassero, rimane ancora un mistero.
Una mostra a Venezia, a Palazzo Loredan a partire dl 15 settembre, propone un viaggio nel tempo e nello spazio: è la prima volta che sono messe a confronto opere provenienti dall’Oriente e dall’Occidente, riferibili a un arco cronologico compreso tra il 4000 e il 2000 a. C.
Cento straordinari reperti dalla Penisola Iberica alla Valle dell’Indo, dalle porte dell’Atlantico fino ai remoti confini dell’Estremo Oriente. L’epoca racchiusa dagli oggetti esposti è quella dell’Età del Bronzo, che segna il passaggio da clan e tribù a società più complesse.
Una mostra da non perdere e che ripropongo mostrandovi i pezzi più interessanti.
Una nuova arte
Il tipo più antico esposto in mostra è la “Grande Madre”, che occupò da sola lo scenario iconografico di gran parte del mondo antico, fino all’arrivo di nuove immagini alla fine del IV millennio a.C.
I concetti metafisici continuarono ad essere incarnati in immagini tridimensionali, specie in Sardegna e nelle Cicladi.
Gli occhi, erano l’elemento principale delle statuette modellate nella penisola iberica, a Cipro, in Egitto, in Anatolia, in Siria e in Mesopotamia.
Una tipologia di statuette femminili nude si diffuse nel Levante e in Egitto e rimase popolare fino alla fine dell’antichità. Depositate nelle tombe e collocate nei templi, facevano parte del culto domestico. La maggior parte era in argilla cotta, con alcune eccezioni in avorio o in pietra.
Le statuette cicladiche invece, venivano depositate nelle tombe dopo essere state usate nei luoghi di culto pubblici in occasione di rituali.
Statuina dalle Cicladi
Questa statuina si distingue per la numerosa presenza di segni dipinti, che rappresentano forse tatuaggi: della croce sul petto a oggi, non esistono altri esempi. Sono più comuni i segni sbiaditi su viso e braccia: tre tratti verticali al di sopra del collo, tre sulla guancia destra, forse altri sulla fronte.
Figura placca “Red Polished” con due colli da Deneia, Cipro. Media Età del Bronzo
Un numero rilevante di statuine plank –shaped è del tipo doppio. I colli delle figurine, in genere, sono saldati alla sommità. Le due figure condividono un corpo riccamente ornato. Queste statuette doppie sono state interpretate come rappresentazioni di un matrimonio sacro, come una Grande Madre bicefala o come “mostri magici”. Alcuni studiosi ritengono che possa trattarsi anche di oggetti usati nella magia simpatica per procurare parti gemellari o trigemellari.
Figure cruciformi, Cipro. Kissonerga-Mosphilia, Calcolitico (IV millennio a-C.) Picrolite
Le figurine e i pendenti cruciformi avevano la funzione di portafortuna (amuleti e talismani per la fertilità, per le doglie e un parto sicuro). E’ stato ipotizzato che la rappresentazione di un dito in più potesse amplificare il loro influsso positivo. Spesso si tramandavano da madre a figlia.
Idolo a disco, tipo Kultepe, dalla Cappadocia. Alabastro gessoso, Antica Età del Bronzo III, 3300-3000 a. C. (Figura più grande a sinistra)
Nel sito di Kultepe queste figurine erano depositate in edifici di culto. Alcune sono doppie, con due colli e un solo corpo, altre, come questa, hanno un’ulteriore figurina discoidale racchiusa nel corpo. Il collo allungato termina con una testa a forma di freccia, ravvivata da grandi occhi circolari. La parte inferiore, danneggiata, mostra un triangolo pubico, al quale conferisce un aspetto femminile, da “madre con figlio” o in gravidanza. Tuttavia l’aspetto generale di questi idoli è fallico: ne risulta una combinazione complessa, un simbolo gravido, androgino e itifallico.
Idolo con occhi della penisola iberica
Questo piccolo cilindro presenta occhi simili alla civetta, simbolo della dea Atena. Contrariamente agli esseri umani, le divinità non dormono mai.
Idolo placca in ardesia, da Granja de Céspedes (Spagna). Calcolitico, IV mill. a. C.
Gli idoli placca grigi di ardesia compongono un gruppo di duemila statuine trovate fra la Spagna e il Portogallo. Raffiguravano la Grande Madre, la dea protettrice e pacifica adorata da tutte le culture preistoriche del Mediterraneo. Erano tramandate di generazione in generazione e si ipotizza avessero una funzione tutelare.
Idoli femminili anatolici
Si tratta di immagini tridimensionali raffiguranti personaggi di sesso femminile. In basso a sinistra la statuetta rinvenuta a Catalhoyuk, rappresenta una donna assisa su un trono fiancheggiato da felini, una specie di Signora delle fiere. Idoli femminili sono stati prodotti anche nel corso del IV e del III millennio a.C.: le cosiddette statuette Kilia, caratterizzate da un corpo a forma di violino.
Statuetta femminile seduta con gambe piegate, Cicladi, Tardo Neolitico
Le più antiche testimonianze di scultura nel mondo greco risalgono al Neolitico. Questa scultura in marmo è tra gli esemplari più eleganti e presenta linee semplici e forme geometriche nitide.
Figura femminile geometrica, da Turriga (Sardegna). Antica Età del Bronzo
Realizzata in marmo bianco, è stata rinvenuta in un contesto sacrale-cerimoniale. La tipologia cruciforme si impone per la perfetta simmetria e l’equilibrio formale. L’esemplare di Sernobi è uno dei pochi integri. Il rapporto matematico tra la lunghezza dell’apparato superiore e l’apparato inferiore si avvicina al valore del Pi greco.
Figura femminile stante in lapislazzuli e legno (periodo predinastico Naqada III) e Figura femminile con braccia sollevate, Egitto.
In epoca dinastica il corpo degli dei era descritto come di lapislazzulo puro. Si tratta di una pietra che evocava il divino, com’è visibile nella statuetta di Hierakonpolis, ritrovata assieme ad altri oggetti rituali. Il dibattito sull’origine e l’identità della statua è ancora aperto. Nel collo si era conservato un piolo di legno per attaccare la testa, rinvenuta incredibilmente otto anni più tardi, nel corso di ulteriori scavi…
La figura femminile con braccia sollevate è in argilla cotta dipinta.
L’ambiguità sessuale: Cipro e la Dama di Lemba (calcare, Calcolitico medio, 3400-2800/2700 a.C.)
Il repertorio delle figurine neolitiche e calcolitiche di Cipro comprende manufatti ambigui per quanto concerne il genere e il simbolismo. Alcuni presentano sia caratteri fallici che vulvari (statue dimorfiche). La Dama di Lemba ne è un esempio: ha le braccia raccolte e il ventre leggermente ingrossato, la sua forma ricorda un violino. I caratteri femminili contrastano con la testa e il collo di forma fallica. Giaceva tra grandi vasi all’interno di un edificio che aveva una funzione comunitaria o rituale.
L’ambiguità sessuale può manifestarsi mediante una combinazione di genitali maschili e femminili, o mediante l’accentuazione o l’attenuazione di determinati tratti anatomici. Forse, le società preistoriche erano organizzate sulla base di un numero di sessi superiori a due, o vi era una certa flessibilità che consentiva agli individui di passare dall’uno all’altro. Tale ambivalenza probabilmente esprimeva il concetto che gli esseri umani erano composti da elementi sia maschili sia femminili.
Col tempo comparvero altre divinità, fatte a immagine e somiglianza dell’uomo: lo sviluppo dell’alfabetismo consentì di mettere per iscritto la mitologia di questi pantheon e le azioni degli dei. In Asia occidentale le divinità che governavano il cielo e gli inferi si distinguevano dagli esseri umani per via di una corona a forma di tiara con corna e di vari attributi. Erano eroi con una doppia identità, animale e umana: l’Uomo-Toro simboleggiava la forza selvaggia delle montagne. Il Drago dell’Oxus, con il corpo coperto dalle squame di serpente, era la controparte della Dea dell’Oxus.
Uomo-Toro, da Umma (Jokha, Mesopotamia meridionale, alabastro. Periodo Protodinastico I, 2900-2650 a. C. circa)
La statuetta rappresenta un uomo-toro nudo, una figura mitologica, ed è scolpito a tutto tondo. L’alabastro è color giallo-verde con venature ruggine. Spiccano le mani unite in segno di devozione, indizio che la statuetta era parte dell’arredo di un tempio. Comprendeva particolari realizzati con altri materiali, forse oro, lapislazzuli, argento o rame. Sono visibili dei fori per l’inserimento delle corna, della coda e della parte inferiore delle gambe.
In queste foto potrete osservare degli “idoli a occhi”, provenienti dall’Asia occidentale 3300-3000 a.C.
Figura steatopigia stante, dall’Arabia sud-occidentale. IV millennio a.C. Basalto, alt. 22cm. Pima statua in basso, al centro.
Altre raffigurazioni femminili dall’Arabia preistorica
L’arte dell’Oxus
Si sviluppa fra la fine del III millennio e il 1700 a.C. lungo l’alta valle dell’Amu Darya, il fiume Oxus dei Greci, estendendosi dai territori dell’antica Battriana (Afghanistan settentrionale) e Margiana (Turkmenistan meridionale) fino ai margini nord-orientali dell’altopiano iranico. I cimiteri delle élites hanno restituito figurine composite, vasellame in metallo prezioso e merci importate dall’India e dalla Siria-Mesopotamia.
Le statuine erano realizzate con l’ausilio di diversi materiali ( clorite, calcare biancastro, alabastro, conchiglie dell’Oceano Indiano). Le figure femminili riconducibili al tipo iconografico della “Dama dell’Oxus” hanno il corpo avvolto in un mantello scuro.
Un’impostazione cromatica rovesciata– corpo scuro e gonnellino chiaro- appartiene allo “Sfregiato”, un incrocio fra uomo, serpente e drago. Accanto ad essi vanno citati il tipo “Spirito uccello” (volto di donna su corpo di volatile) e del giovane inginocchiato di bell’aspetto. L’interpretazione è al vaglio degli studiosi. Si ipotizza che incarnino concetti complementari e antitetici (bello/brutto, uomo/donna, terra/aria), inquadrabili in una narrazione complessa in cui le forze opposte sono destinate all’interazione e allo scontro.
Le Dame dell’Oxus, Iran orientale, Asia centrale. Civiltà dell’Oxus
Le Dame dell’Oxus, Iran orientale, Asia centrale. Civiltà dell’Oxus
La varietà dei motivi incisi sul vello rinvia a significati particolari: sottili strisce ondulate che simulano lo scorrere dell’acqua rimandano alle figurine triangolari, personificazioni forse di uno spirito dell’acqua, come le varianti triangolari della Dama. Lunghe ciocche possono diramarsi dalle spalle come i raggi di una stella, indizio che la “Dama dell’Oxus” rappresenti uno spirito astrale, o come piume a suggerire una natura di uccello.
Dama dell’Oxus triangolare e a forma di uccello
Le ali spiegate e la coda a ventaglio sono mostrate frontalmente. Le incisioni sembrano richiamare il fluire dell’acqua e dell’aria. Gli occhi mancano, segno che erano dipinti o non scolpiti. Del resto, lo sguardo cieco potrebbe alludere al legame col mondo dei morti e inserirsi in un contesto funerario. Di notevole importanza i sigilli, dove compaiono figure femminili antropomorfe che dominano felini e serpenti. Voltili dalla testa umana ricorrono in numerose culture- Grecia, Egitto e Vicino Oriente- quale incarnazione degli spiriti dell’aria e del paradiso o, al contrario, dell’oltretomba.
Sigillo con Dama dell’Oxus alata seduta su un serpente. Iran orientale, Asia centrale. Civiltà dell’Oxus (2200-1800 a. C.) Lega di rame.
Dama dell’Oxus detta Venere del Ligabue. Iran orientale, Asia centrale. Civiltà dell’Oxus (2200-1800 a. C.). Clorite, calcare.
La postura e la tecnica sono comuni a un gran numero delle statuette dell’Oxus ma l’esemplare della Collezione Ligabue è l’unico in cui la veste è liscia e non incisa col motivo che riproduce il vello di lana ispirato al kaunakes sumero.
Sfregiato con gonnellino bianco
Lo Sfregiato deve il proprio nome al profondo squarcio che gli deturpa il volto. Il corpo è ricoperto di squame.
Uomini inginocchiati di bell’aspetto. La statua n.97 sembra offrire un vaso, la statua 99 rappresenta un uomo imprigionato dai serpenti.
Ascia con figura maschile seduta. Lega di rame, incrostazioni in argento. Sopra: uomo inginocchiato orante.
Quest’arma decorata rappresenta probabilmente un omaggio agli dei degli inferi.
Bibliografia parziale:
Archeo, n.403-settembre 2018 articolo a cura di Annie Caubet
Dove e quando:
Venezia, Palazzo Loredan, Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti fino a gennaio 2019.
Orario: martedì-domenica 10,00-18,00
Tel. 041/2705616
e-mail: prenotazioni@fondazioneligabue.it
sito: www.fondazioneligabue.it
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