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La leggenda di Bora

oswald-von-glehn-boreas-and-orithyiaBora non fu sempre una strega. Non lo ricorda più alcuno ma tanto tempo fa è stata giovane e bella. Girava il mondo col padre Eolo, re dei venti, insieme ai numerosi fratelli e sorelle. Bora però, dall’animo gentile, era la più amata. Soffiava leggera rinfrescando i corpi accaldati d’estate e non dava fastidio alcuno. Un giorno la famiglia dei venti capitò in un bell’altopiano e Bora decise di esplorare quella terra magica entrando in una grotta. Disteso a terra con l’inseparabile spada Buriana, dormiva un bellissimo giovane. Si chiamava Tergesteo, ed era un prode argonauta, che sulla via del ritorno dalla Grecia, si era fermato a riposare in un grotta del Carso friulano. Era stanco dopo aver assistito Giasone nella ricerca del Vello d’oro. Ma a Bora non interessavano i dettagli dell’antica storia e fu amore a prima vista. I due rimasero nella grotta per per tre? cinque? sette giorni? Tanto che il padre della ragazza la diede per dispersa. Ma un nembo scuro, traditore e arcigno rivelò al padre Eolo dove si trovavano i due innamorati. Il re dei venti irruppe nella grotta scatenando una tempesta e Tergesteo, scagliato contro una roccia morì. Bora era inconsolabile e pianse talmente tanto che la sua bellezza sfiorì e si trasformò in una brutta strega. Le sue lacrime cadendo a terra, inaridirono il suolo, mutandosi in sassi aguzzi che pian piano coprirono tutto l’altopiano, prima popolato di magnifici alberi. Perfino l’acqua, rattristata si nascose nel sottosuolo. Bora, correva piangendo dalle colline al mare, entrava nelle case degli uomini, rovesciava navi nel porto, faceva ruzzolare a terra chiunque trovasse lungo la sua strada. E piangeva, ululava nascondendosi nella grotta del Carso dove aveva vissuto il suo breve amore. Madre Natura impietosita decise di aiutare la strega Bora, e così il cielo, la terra, il fuoco e il mare. Dal sangue di Tergesteo nacque il Sommaco, l’albero dalle splendide foglie che d’autunno inondano di rosso il carso. Le conchiglie salirono dal mare e coprirono il corpo dell’innamorato trasformandolo nella più alta delle colline che digradano verso l’acqua blu. Ai piedi del colle, sorse una bella città che gli uomini vollero dedicare al prode argonauta ed in suo onore la chiamarono Tergeste: Trieste. Quando l’aria d’inverno comincia a fremere e odora di sassi e di pino, sai per certo che Bora sta scendendo a cercare l’amato. Non piange più ma quando vede la città che ricorda il suo nome, ulula e fischia e scuote l’aria rendendola gelida. E per tre? O cinque? O sette giorni lo cerca finché lo rivede riflesso nel mare e si placa.

La leggenda di Bora è di Laura Simeoni

 

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