La consuetudine di piantare dei sempreverdi nei cimiteri, deriva dalla convinzione popolare che cipressi e pini aiutino le anime a sopravvivere. Una credenza giunta a noi, sostiene che i sempreverdi rafforzano l’anima dello scomparso, preservandone il corpo dalla corruzione.
Così il fiore da morto, il crisantemo, è considerato un fiore di lunga durata per cui diventa simbolo di vita, se non di immortalità. La stessa candela accesa sulla tomba, rappresenta la luce contro le tenebre e quindi la perennità della vita che continua nell’aldilà.
I ricordi
Il culto domestico dei morti tiene in particolare considerazione i ricordi, ossia oggetti, vestiti, gioielli, attrezzi lasciati in eredità dai genitori o dai parenti defunti. Gli oggetti personali assumono il valore di una «reliquia».
Anime e anime
Le anime beate sono “in cima alla piramide”: godono della felicità in Paradiso. A loro si chiedono le grazie per la salute e la protezione.
Le anime dannate sono immerse nel fuoco della dannazione e possono fare del male per mezzo di Belzebù: da tradizione, i fedeli sono protetti dal potere della preghiera.
Per le anime del purgatorio invece, si offrono elemosine, messe, preghiere, o si costruiscono edicole e capitelli.
Le anime “bandonate” rappresentano casi di particolare abbandono da parte dei parenti, per cui il loro suffragio era a carico della comunità. Esse si facevano sentire e vedere per chiedere preghiere, nascondendosi nelle lumere, disturbando il sonno dei viventi, apparendo in sogno. Queste anime non vanno confuse con gli Spiriti, considerati forze malefiche della natura e dell’Aldilà.
Altre usanze: i passaggi (i passai)
La Chiesa concede di lucrare l’indulgenza plenaria applicabile alle Anime (cancellazione della pena del Purgatorio), con la recita di un “Pater Ave e Gloria” ogni volta che si entra ed esce dalla chiesa, a condizione che il fedele sia confessato e comunicato. Oppure faccia confessione e comunione entro otto giorni. Si tratta dello stesso privilegio della Porziuncola, detto “il Perdon d’Assisi”.
Il suono delle campane
Mio padre (Augusto Coltro, anni 75) ricorda la campana da morto che suonava fino alla mezzanotte. Una usanza molto diffusa (Basse, Lessinia ecc.) è legata alla questua del campanaro: patate, polenta, lardo offerti al sagrestano che ne faceva la raccolta i giorni precedenti i Morti.
La questua dei Morti
Le testimonianze, a dire il vero, sono piuttosto vaghe, ma pare che i bambini veronesi praticassero la “questua dei Morti” detta anche “la questua dei ossi da Morto”. Il termine, apparentemente irriverente, si riferiva a quella specie di pane già ricordato (pan de i morti, trandoti) che per la loro forma affusolata, con parti leggermente rigonfie, la davano l’idea dell’osso. Anche in Val Leogra si testimonia questa antica usanza con la distribuzione del panetélo (un pezzo di pane) ai ragazzi, fatta sul sagrato o davanti la canonica.
Il bicchiere d’acqua
Nell’Alto Polesine, anzichè il piatto, si prepara ai – Morti che tornano- un bicchiere d’acqua sopra il comodino della camera dove il parente era «trapassato all’eternità». Altre volte, è una tazzina messa tra le pieghe del lenzuolo: per questo bisogna alzarsi presto il mattino e rifare il letto per i defunti stanchi dal lungo cammino.
La catena del focolare
Meno diffusa, l’usanza di staccare o sospendere la catena del focolare, per evitare che qualche anima vi resti prigioniera. I morti ritornano dalla porta o dalle finestre. Per questo la notte la casa resta aperta e illuminata dalle candele portate dal cimitero.
Tratto da: “Mondo contadino” di Dino Coltro- Arsenale Editrice