La perla partecipa al simbolismo acquatico e lunare dal momento che si forma nell’ostrica. Un inno dell’Atharva Veda la esalta in questi termini: “Nata dal vento, dall’aria, dal lampo, dalla luce, possa la conchiglia nata dall’oro, la perla, difenderci dalla paura!”
La medicina cinese considera la perla una droga eccellente per le sue proprietà fertilizzanti e ginecologiche. Presso i Greci era l’emblema dell’amore e del matrimonio. In Siria, Afrodite, era chiamata la “Dama delle perle”. Presso i Laos, le perle erano presenti nelle ricorrenze agricole, nei sacrifici e nei rituali mortuari e il loro potere derivava dall’essersi formate in mare: “I morti sono provvisti di perle per la vita celeste”. Gli studiosi indù ritenevano che la perla potesse guarire le emorragie, l’itterizia, gli indemoniati e la follia. Nel Kashmir erano prescritte per curare le malattie degli occhi, l’avvelenamento e per assicurarsi forza e salute. Il Harshacarita ricorda che la perla nacque dalle lacrime del dio della luna e che la luna è “fonte di ambrosia eternamente guaritrice”. In Cina, la perla non perforata era ritenuta in grado di curare tutte le malattie degli occhi. Secondo numerose leggende, le perle si trovavano nella testa o nelle fauci di un drago. Francis Bacon annovera la perla tra le droghe della longevità. Il ruolo della perla nella medicina di tante civiltà non fa che proseguire l’importanza che ha avuto nella religione e nella magia. Era un talismano per la fertilità e assicurava un destino ideale dopo la morte. In India la perla dev’essere sempre portata da coloro che ambiscono alla prosperità. Una tradizione orientale spiega la nascita della perla affermando che essa è il frutto del lampo che penetra l’ostrica, unione tra il Fuoco e l’Acqua. Nel Cristianesimo la perla rappresenta Cristo e l’anima che ha ottenuto la salvezza.
Trovandosi all’interno di un involucro simboleggia il tesoro nascosto, la verità, gli insegnamenti esoterici e spirituali. Infatti ci costringe ad andare oltre la forma per accedere alla profondità e alla strada della ricerca. Nell’ inferno cinese, il bodhisattva Ksitigarbha, tiene in mano una perla che illumina i sentieri oscuri alla ricerca di anime pentite da salvare. Ed è sempre una perla sospesa nell’ Arca ad illuminare Noè, simbolo della luce di Dio che veglia sui giusti.
La perla richiama il concetto di rarità, di sacro opposto al profano. Da qui il detto: “Non dare le perle ai porci”.
Se le perle evocano un simbolismo positivo, da dove hanno origine le superstizioni che le associano alla sfortuna? Nel Medioevo si diffuse la leggenda che fossero la manifestazione visibile delle lacrime degli angeli ribelli, probabilmente per allontanare la gente dai culti pagani connessi alla Grande Madre dai molti nomi. Da allora la perla non fu più, il talismano della Dea, ma un gioiello portatore di lacrime e infelicità.
Ancora oggi si dice che porti sfortuna alle spose. Una donna potente e seducente di certo costituiva una minaccia all’interno di una società patriarcale in cui doveva limitarsi ad essere una moglie devota. La cattiva reputazione della perla fu accentuata dai racconti orientali: i pescatori di perle spesso non facevano più ritorno dalle loro uscite in mare, lasciando sole mogli e fidanzate. Che piangevano lacrime amare.
In realtà, il fascino della perla, risiede proprio nel fatto che scaturisce dalle indomite profondità marine: richiama l’energia yin dell’acqua, della luna e del potere femminile per antonomasia.
Bibliografia: