Il 29 giugno una volta, la gente in Sicilia (in particolare a Barrafranca) e in molte altre località del Sud Italia, svolgeva “il rito della chiave” per chiedere una grazia a San Pietro e Paolo.
Si svolgeva più o meno in questo modo: due persone in piedi una di fronte all’altra, tenevano una chiave mascolina (ossia una vecchia chiave di ferro senza foro nella parte finale) sospesa fra i rispettivi indici della mano destra.
Poi recitavano una breve formula e pensavano alla grazia richiesta. Il rito terminava con una preghiera (un Padre nostro o un’Ave Maria).
Ecco la formula tradotta:
“San Pietro sì, San Paolo no.
San Piertro no, San Paolo sì.
Me la concedi questa grazia sì, o no?”
Se la chiave iniziava a muoversi girando tra le dita, la risposta era “sì”. Quindi gli interessati avrebbero ottenuto l’agognata grazia.
Se rimaneva ferma, il responso era negativo. Ovviamente una chiave che si muove rappresenta un cambiamento, una trasformazione, qualcosa che si sblocca e apre simbolicamente delle porte. Una chiave ferma allude ad una stasi, ad un blocco.
La chiave mascolina era considerata un vero e proprio amuleto e si impiegava anche in altri rituali. Spesso tre chiavi arrugginite venivano appese davanti alla porta di casa per allontanare il male (rappresentavano la fortuna, la salute e l’amore).
Ma perché nel rituale del 29 giugno si usa proprio una chiave? Secondo alcuni sarebbe l’emblema della missione apostolica di Pietro.
In realtà questo rito viene svolto anche il giorno di San Giovanni, poco dopo il solstizio estivo.
Nella religione greca i due solstizi erano chiamati porte: “porta degli dei” quello invernale e “porta degli uomini” quello estivo.
Nell’Odissea Omero descrisse l’antro dell’isola di Itaca nel quale si aprivano i due passaggi: “l’una volta a Borea è la discesa degli uomini, cioè a nord perché al solstizio estivo il sole si trova a nord dell’equatore celeste; mentre quella degli dei e degli immortali è volta a Noto, ovvero a sud, in quanto l’astro al solstizio invernale si trova a sud dell’equatore”.
Attraverso la prima porta solstiziale si entrava nel mondo della genesi e della manifestazione individuale, per l’altra si accedeva agli stati sopraindividuali. Guénon sosteneva che questo simbolismo, che concerne una realtà di ordine iniziatico, si trovasse dappertutto trasmesso in modo continuo attraverso i secoli.
Nella tradizione romana il Custode delle porte era Ianus (Giano) signore dell’eternità, che tiene uno scettro nella mano destra e le chiavi nella mano sinistra. Ianus deriva dalla radice indoeuropea y-a, da cui il sanscrito yana (via) e il latino ianua (porta). Egli è colui che conduce da uno stato all’altro, l’iniziatore. Nel cristianesimo Giano venne interpretato come immagine profetica del Cristo, Via e Signore dell’Eternità: “O clavis David, et sceptrum domus Israel!”
Le chiavi erano anche un attributo di Ecate “Colei che detiene le chiavi del cosmo”. Hecate, Hekate o Hekat in origine era la dea delle terre selvagge e del parto. Divinità psicopompa, era in grado di viaggiare liberamente tra il mondo degli uomini, quello degli dei e il regno dei morti. Spesso era raffigurata con delle torce in mano, proprio per questa sua capacità di accompagnare anche i vivi nel regno dei morti (la Sibilla Cumana, a lei consacrata, traeva da Ecate la capacità di dare responsi provenienti, appunto, dagli spiriti o dagli dei).
Ecate era la Signora delle erbe medicinali ed incarnava la saggezza femminile, antichissima e profonda. La Dea della magia, dunque, usava le sue chiavi per aprire le porte fra i diversi Regni e la torcia per fare luce nel buio della notte.
Conosceva in particolare i segreti del volo (come sanno volare le sue figlie, le streghe), quelli per realizzare i desideri e poteva governare le tempeste (ciò che la rende tra l’altro la patrona di pastori e marinai).
Nell’Alessandria tolemaica ottenne le sue connotazioni di dea della stregoneria e Regina degli Spettri. In queste vesti fu poi trasmessa alla cultura post-rinascimentale.
La natura di Ecate è bi-sessuata, in quanto possiede in sé entrambi i principi della generazione, il maschile e il femminile. Per questo motivo era definita la fonte della vita.
La magia delle chiavi di San Pietro e Paolo sembra essere, ancora una volta, l’eco di culti antichi e spesso rinnegati.
Scopri il simbolo della chiave e il suo significato
Fonti:
Post: https://www.radioluce.it/2019/06/29/siciliani-e-sicilianita-il-rito-della-chiave-nel-giorno-in-cui-si-festeggiano-i-santi-pietro-e-paolo/
Preghiere e scongiuri popolari siciliani
Wikipedia
Chiave mascolina