
Si trattava di un vero e proprio Capodanno, preceduto dalla “notte delle candele d’inverno”, durante la quale i morti entravano in contatto con i vivi, in una sorta di “rimescolamento cosmico”. Il periodo di riposo della Terra, governato dalle tenebre, andava “sfruttato” per tutta una serie di riti propiziatori, necessari a scongiurare le carestie durante il nuovo anno.
Purtroppo oggi “Halloween” è degenerato in un gioco. Del resto, anche questa festa fu cristianizzata ad opera di papa Sisto IV che la trasformò in Ognissanti.
Yeats scrisse: “In Irlanda il mondo dei morti non è tanto distante da quello dei vivi. Essi sono a volte così prossimi che le cose del mondo paiono soltanto ombre dell’aldilà”.
In quei giorni i Celti portavano nelle tombe una gran quantità di fiori, a simboleggiare l’aldilà come paradiso.

Gli Etruschi credevano che i defunti sedessero accanto a loro sul bordo dei sepolcri partecipando al pasto funebre. I Romani festeggiavano i morti nove giorni a febbraio, durante il passaggio dall’inverno alla primavera: offrivano sul sepolcro familiare corone di fiori, viole, farina di farro, pane inzuppato nel vino.
I Mani (defunti) partecipando al banchetto funebre, trovavano pace.
Prudenzio ricorda che dai fori praticati sui coperchi dei sarcofagi, si facevano gocciolare latte e miele direttamente sulla salma.
Bibliografia:
Calendario. Le feste, i miti, le leggende e i riti dell’anno di A. Cattabiani.