Il periodo dell’anno agrario che corre dal 1 novembre, giorno dei Santi-Morti, al 2 febbraio, Zeriola (Purificazione di Maria Vergine), costituisce “l’inverno contadino”.
Dai Santi a S. Martino, con l’otavario dei morti di mezzo, si compivano alcuni riti fondamentali del ciclo annuale (propiziazione delle forze attive della natura, esorcismo di quelle negative) e trovava esecuzione legale il rinnovo dei contratti annuali di lavoro.
I primi di novembre sono indicati dalla gente come i giorni de i santi, oppure i giorni de i morti.
I modi di dire ai Santi e ai Morti sono usati senza particolare distinzione, non soltanto per le loro scadenze calendariali ravvicinate, ma per una concezione religiosa popolare molto profonda: i santi sono i morti in possesso di poteri soprannaturali che, in virtù di una delega divina, mettono a disposizione dei viventi.
Il culto domestico dei santi e della Madonna è sempre accompagnato al culto domestico dei morti; le litanie dei santi diventano le litanie dei morti, e la recita del rosario esprime l’atto liturgico familiare in suffragio delle Anime. La differenza consiste nella diversa finalità della preghiera: per i morti si chiede il suffragio; ai santi, la grazia.
Il primo novembre, festa di Ognissanti, costituisce in pratica il capodanno agricolo, perché “par i Santi” termina il periodo delle semine del frumento, ultimo lavoro importante dell’annata agraria. Dopo, arrivano i conti di S. Martino, l’atto formale di chiusura dei contratti agrari.
Finite le semine del frumento il lavoro nei campi assumeva un ritmo stagionale diverso da quello estivo, più disteso e meno assillante. Dopo il vespro dei Santi, nel tardo pomeriggio, la Chiesa iniziava la liturgia dei Morti con la visita comunitaria al cimitero e la processione che si snodava dal paese verso le tombe.
E’ noto che nel primitivo processo di conversione, la Chiesa cristiana assimila molti riti e credenze pagane preesistenti. Perciò, le chiese furono costruite su vecchie aree pagane; divinità locali diventarono santi protettori; fonti di acqua salubre furono convertite in pozzi santi; feste del calendario agreste (usanze legate alle stagioni dell’anno) vennero assorbite nell’anno ecclesiastico.
La conseguenza fu che la cristianizzazione delle masse rurali risulta spesso soltanto parziale. Inoltre, la Chiesa fu costretta a sviluppare una sua propria “magia” per poter rivaleggiare con quella che tendeva a sostituire.
I santi “adiutores” sono quattordici, ma l’elenco non è fisso e uguale per tutte le regioni e alcuni possono mutare. Ciò che non cambia è la loro distribuzione lungo tutto il corso dell’annata. Un elenco «veneto» può essere il seguente:
-S.Bovo o S. Antonio abate (2-17 gennaio), contro le malattie del bestiame, le situazioni difficili, il fuoco; S. Biagio (3 febbraio), contro i mali di gola; S. Giuseppe (19 marzo), patrono della buona morte, contro la tentazione del demonio durante l’agonia; S. Giorgio (23 aprile), patrono dei guerrieri, contro le infezioni della pelle, (spesso cambiato con S. Antonio per il fuoco di S. Antonio); S. Erasmo (2 giugno), patrono dei marinai, contro le malattie intestinali; S. Anna (26 luglio), pregata dalle partorienti (oppure S. Margherita, 13 luglio); S. Rocco (16 agosto), contro la peste e le malattie infettive (oppure S. Sebastiano, 20 gennaio); S. Egidio (1 settembre), contro il mal caduto (o S. Valentino, 14 febbraio); S. Giacomo (25 luglio), contro la pazzia; S. Cristoforo (28 luglio), contro gli incidenti, le inondazioni, gli uragani; S. Dionigio (9 ottobre), contro le possessioni diaboliche e dolori di testa; S. Caterina (25 novembre), contro le malattie della lingua; S. Barbara (4 dicembre) contro il fulmine e la morte improvvisa; S. Vito (15 giugno) contro il ballo di S. Vito, la letargia e i morsi velenosi; S. Luca (18 ottobre) contro tutte le malattie.
Particolare importanza assumevano anche i santi delle quarantie, i periodi dell’osservazione meteorologica.
Tratto da: “Mondo contadino” di Dino Coltro- Arsenale Editrice