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La Notte di S. Giovanni: il natale d’estate fra riti, erbe magiche, antiche tradizioni e streghe

FB_IMG_1424595876140Cadente nel solstizio d’estate, questo giorno di San Giovanni si carica di misteri, di prodigi e di antiche angosce, che premono e maturano nella notte della vigilia, quando il sole non è ancora asceso all’orizzonte. La corrispondenza con l’altra notte arcana, quella del Natale, è evidente, fino al punto che la chiesa antica dichiarò la festa di San Giovanni il «Natale d’estate».
Sono i momenti di culmine della bipartizione stagionale, dalla cui alternanza ritmica dipendeva l’ universo dei coltivatori, dei pastori e dei cacciatori che ci precedettero. A Natale la luce diurna inizia ad avere una più lunga durata; a San Giovanni, che nella credenza popolare è il giorno più lungo, scoppia il fulgore dell’estate. Ambedue sono periodi di tensione e di attesa, che quasi impegnano gli uomini a sorreggere e ad aiutare il sole con riti e feste : a Natale perché il sole, appena nato, cresca in pienezza e potenza; a San Giovanni perché allontani le piogge estive, le tempeste, i venti e dia calore. E intorno ai due giorni la tradizione ha cumulato credenze arcaiche, sepolte nella notte dei tempi, provenienti da ambiti diversi e sottoposte a un processo di cristianizzazione che, per quanto riguarda San Giovanni, appare molto tenue e non ha cancellato i residui pagani e quelli barbarici del Medioevo. Due aspetti centrali della festa di San Giovanni sono le cerimonie connesse al fuoco e all’acqua, gli elementi intorno ai quali sembrano circolare simbolicamente le preoccupazioni della vita contadina. I nostri falò e le immersioni nel mare e nei 10311977_774947869182428_226404047564651819_nfiumi, così frequenti in tutto il Paese, hanno modelli antichissimi: in India, nella festa Mahavrata, che cadeva al solstizio d’estate, le donne, cariche di giare piene d’acqua, marciavano per tre volte intorno a un grande fuoco, che, infine, spegnevano versandovi l’acqua. E si trattava, forse, di un incantesimo per ottenere o per allontanare la pioggia.
L’acqua nella festività cristiana ricorre innumeri volte e diviene anche quella con la quale il santo battezzò Gesù nel Giordano. Nella notte, fiumi, mare, ruscelli si trasformano in innumeri Giordano
A Civitella Roveto, ma anche in altri paesi della Valle Roveto fino al Sorano, i giovani nudi si immergono, a mezzanotte, nel Liri e stringono i comparatici. Nelle Marche i fedeli, che attendevano il sorgere del sole, scendevano a mare, secondo un costume che è attestato ancora nel XVII secolo a Napoli e altrove. Ma l’acqua è anche la rugiada che viene utilizzata in molte forme e che è identificata con il sangue fluente dal capo mozzato del santo. Una volta raccolta conserva il suo notturno potere guaritore per tutto l’anno. In Piemonte con la rugiada si impastava la farina per trarne focacce valide contro il mal caduco, mentre, in uno strano uso testimoniato per il Friuli, alla rugiada era attribuito un potere fecondante perché di essa si bagnavano il sesso le ragazze in cerca di marito. In Abruzzo, invece, il bagnarsene il capo assicura la crescita di una chioma fluente.
Il fuoco, rappresentato dai falò che si accendevano, una volta, in tutte le terre dell’Europa, sembra avere un fondamentale significato magico: con esso il 10440880_661786233908835_2493613679478192254_ngruppo umano «aiuta» il sole a crescere e a superare la curva estiva. Né si esclude che, almeno in alcune regioni, i falò ebbero una funzione di difesa contro il male e contro le streghe.
Il mistero centrale della notte sta nell’attesa del sorgere del sole: in esso appare il capo mozzato che fu presentato a Erodiade sopra un vassoio, secondo la narrazione evangelica. È una credenza molto diffusa e, in parte, connessa ai pronostici per il raccolto. In Abruzzo, all’aurora del 24, si andava ad osservare il sole sorgente dall’Adriatico, guardandolo dal promontorio di San Giovanni in Venere, e nel disco prendeva forma la testa del Battista grondante di sangue, i contadini dall’aspetto del sole traevano i loro presagi. In altre regioni, il sole danza tre volte sul mare e per tre volte vi si immerge, e se si mostra chiaro e splendente, l’annata sarà buona.
10801728_438314356320469_8779114332250543308_nMa le ore che precedono il miracolo solare, l’intera notte, sono dense di segni. Come a Natale, gli animali domestici e selvatici acquistano per un attimo la parola e riferiscono al santo le violenze subite dagli uomini, a S. Giovanni non possono essere catturate le lucciole, perché in esse sono incarnate, per quelle ore, anime vaganti in cerca di refrigerio. Solo per qualche attimo, alcune praterie divengono luminose e in esse appaiono fantasmagoriche ricchezze e tesori nascosti, destinati a sparire come sono apparsi.
Ma è pure la notte delle streghe, secondo una credenza corrente nella quale si fondono i più vari elementi delle antiche culture. Notte di rischio per eccellenza, come ogni fase di passaggio da un periodo all’altro. Espone gli uomini a tutte le forze occulte e minacciose della natura e della storia, incarnate nelle streghe e nei demoni . Il mito si è formato nel Medioevo, quando le arcaiche divinità tardo-antiche della terra, della morte e della fertilità si sono fuse con la figura di Erodiade, così legata alla storia del Battista. Fra il VII e il IX secolo, ricorre la leggenda di Erodiade che è seguita dalla turba delle donne, dalle signore della notte appartenenti ad una compagnia detta anche di Diana. I testi medioevali hanno completamente stravolto la narrazione evangelica, nella quale Erodiade è la cognata di Erode Antipa e a lui chiede la testa del Battista affidando la richiesta alla figlia Salomé. Nel Medioevo, Erodiade è confusa con Salomé e ha tutti i tratti di una danzatrice piena di carnali attrattive, Erodiade/Salomé si pente di aver provocato l’uccisione di Giovanni e, nel momento in cui ottiene il capo mozzato nel vassoio, si lancia sopra di esso per baciarlo, ma dalle labbra del santo esce un vento furioso che allontana la peccatrice e la HughesOpheliaC1865ToledoA Webcondanna a vagare perpetuamente nell’aria. Vittima di un errare notturno senza sosta, di un forsennato muoversi, è associata ad un’altra divinità della notte, Diana nella forma di Ecate notturna, signora delle erbe magiche e degli incantamenti. Ma, immagine di un sogno nel quale le plebi contadine espressero la loro ribellione contro il potere, Erodiade/Ecate, quando assume gli altri nomi di Abundia e di Satia, riflette l’utopia della pienezza alimentare, dell’orgia e della vitalità ventrale che la chiesa aveva condannate come peccato.
La notte della vigilia è aperta, perciò, alla tregenda di Erodiade e delle streghe. Le streghe, proprio nelle ore del silenzio, trascorrono veloci nei boschi, raccolgono le felci, se ne strofinano le mani e ottengono così i loro magici poteri contro la grandine. E’ la stessa felce che nutrisce con le sue spore i neri cavalli dei demoni che le accompagnano. Secondo alcune deposizioni processuali rese al tribunale della Inquisizione, proprio nella notte della vigilia le streghe adorano il Grande Capro che appare loro con una candela in mezzo alle corna. L’unguento che serve per il «volo notturno» verso il Sabba è preparato con le erbe magiche raccolte in questa notte; e nella credenza toscana chi nasce nel periodo intercorrente fra San Giovanni e San Pietro, diviene strega o stregone. Si spiegano, taluni usi destinati ad allontanare tali presenze, ora nefaste e temibili, ora immerse negli universi di vitalità e di sessualità che la chiesa aveva cancellato. In Ciociaria le donne battono con scope e con Adrienne Stein, Musetouchbastoni l’acqua del Liri, al tramonto del 24, per disperdere le schiere invisibili. Secondo le inchieste napoleoniche, nelle Marche i giovani si spargevano di lavacri profumati e pungenti per difendersi contro aggressioni stregoniche e demoniache, e i pastori ricorrevano alla stessa pratica per le pecore e le capre. A Senigallia è ancora presente una rappresentazione popolare parodistica, nella quale le streghe vengono scacciate con il frastuono di strumenti rumorosi, mentre un gran bruciamento della strega-fantoccio si celebra a Sora, sul tratto urbano del Liri. L’ombra notturna favorisce anche altre operazioni magiche, proprio perché è dominata dalla remota immagine dell’Ecate delle selve e corrisponde a un tempo eccezionale e di sospensione, nel quale ogni cosa consueta riacquista segreti valori. Si fa la raccolta delle erbe medicamentose e potenti, la felce, l’iperico, la margherita, l’erba cipollina, il sambuco, il rosmarino, l’artemisia, il viburno, proprio secondo le tecniche insegnate da Ecate alle maliarde del mondo antico, che raccoglievano i vegetali magici al lume di luna. Nelle Venezie e in Lombardia, secondo la notizia che ci viene da un sinodo vicentino del 1647, si facevano suonare le campane per l’intera notte, durante la prestigiosa raccolta. Certamente emergono, in una analisi della festa, alcuni elementi connessi con la sessualità contadina, con quella sessualità che ha avuto al suo centro la preoccupazione matrimoniale e generazionale, obbedendo alle leggi della produzione-riproduzione della forza lavoro. La notte di San Giovanni è il momento propizio per pronosticare fidanzamenti e matrimoni e destini di fanciulle. Nel meridione si impiega prevalentemente, per la divinazione della sorte, il cardo. Molto diffuso è il ricorso alla chiara di uovo che viene versata in una bottiglia di acqua, traendo dalla forma assunta dalla chiara «filata» i segni del mestiere del futuro sposo. In Abruzzo, secondo una costumanza che appare anche in altre regioni, la sera della vigilia le ragazze da marito depongono sotto il guanciale tre fave (la scelta del vegetale non mi sembra casuale), e di esse una è liberata completamente della buccia esterna, un’altra di metà della buccia, una terza è conservata intatta.
Il mattino seguente si prende a caso una delle fave e se è quella senza buccia, il futuro marito sarà povero; quella con buccia assicura un marito ricco; la terza lascia pronosticare un marito né ricco né povero.
Ogni festa, come questa del San Giovanni romano, è lo straordinario vivo palinsesto delle segrete e dimenticate storie della subalternità e del silenzio, e che ogni segno emergente cela il gioco simbolico di speranze e sofferenze di uomini.

Tratto da: “La notte dell’acqua e del fuoco. Misteri e usanze in vari paesi europei e regioni italiane, dalla guazza ai falò, dalle fave ai mazzolini di fiori. In La notte delle streghe, Supplemento al numero di giugno ’83 di Roma, a cura della IX Circoscrizione e dell’Ufficio Stampa del Comune”.

Di Alfonso M. di Nola

 

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