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San Martino e i suoi misteri

La festa di S. Martino di Tours che si celebra l’11 novembre è un Capodanno perché si riallaccia al Samain celtico che durava una decina di giorni.
Giorno di precetto era festeggiato con fiere, fuochi e banchetti innaffiati dal vino novello perché “per S. Martino ogni mosto è vino“.
Anche per i bambini era festa grande perché il santo portava loro regalini scendendo dal camino e se erano capricciosi, depositava una frusta ammonitrice detta “Martin baton o martinet”.
Come si è spiegato il Samain inaugurava la stagione fredda che per i Celti durava fino alla fine di aprile.
La tomba di S. Martino fu fin dai primi anni meta di pellegrinaggio: la gente si immergeva in un bacino sperando di guarire e portava con sé le fiale dell’olio di benedizioni (preso dalle lampade votive della chiesa).
Il culto si diffuse rapidamente anche in Italia e San Benedetto consacrò a Martino l’antico tempio di Apollo sulla vetta di Cassino. Martino nato nel 316 o 317 nella Pannonia inferiore, ai margini della pianura ungherese, era entrato giovanissimo nell’esercito romano.
Nonostante l’educazione pagana aveva dimostrato fin da ragazzo l’attrazione per il cristianesimo e a ventuno anni fu battezzato. A trentotto riuscì ad ottenere il congedo dall’esercito fondando a Ligugé il più antico monastero europeo dove compì i primi miracoli guadagnandosi la fama di taumaturgo.
Eletto vescovo nonostante la sua riluttanza (leggenda vuole che tentò di nascondersi ma fu stanato da alcune oche) divenne un evangelizzatore esemplare, protettore degli oppressi e dei poveri e custode dell’ortodossia.
Il Santo è il patrono della gente di Chiesa, dei soldati, dei viaggiatori, degli osti e degli albergatori.

Martino e il dio cavaliere
Il nome Martino significa “consacrato a Marte“. Il Santo all’inizio della sua carriera militare aveva il compito di ispezionare i posti di guardia e sorvegliare le guarnigioni. Nel corso di una ronda incontrò un povero seminudo e non avendo denari da dargli afferrò la spada, tagliò in due la clamide e ne donò la metà allo sventurato. La notte seguente sognò il Cristo che rivestito del suo mantello disse agli angeli: “Martino ancora catecumeno mi ha coperto con questo mantello”.
Nella religione celtica si venerava un dio cavaliere che indossava una mantellina corta: il culto proveniva proprio dalla Pannonia, terra celtica e patria di S.Martino. Era considerato il cavaliere del mondo infero, colui che vinceva la morte; perciò lo si considerava il dio della vegetazione che superava la morte, garante del rinnovamento della natura dopo l’inverno.
Il culto di s. Martino si diffuse fino alle Gallie, sostituendo l’antico cavaliere.
Anche l’oca, presente in molte leggende legate al santo, testimonia questo processo: era un animale sacro ai Celti (con funzione psicopompa) e non di rado, le oche addomesticate accompagnavano i pellegrini ai santuari pagani.
Martino morì l’8 novembre 397 a Candes-Saint-Martin.

Le mie tradizioni
A Venezia il giorno di San Martino è tradizione preparare il tipico dolce di pasta frolla a forma di cavaliere, ricoperto di glassa, cioccolatini e caramelle. Si usa scambiarselo fra “morosi” come pegno di amore eterno. Una volta i bambini più poveri vagavano di casa in casa per ricevere un po’ cibo, in ricordo della generosità del Santo. Ancora oggi, i bimbi dotati di spada e mantellina il giorno di San Martino si accalcano per le strade di Venezia chiedendo dolcetti e facendo un gran baccano (si pensi al fatto che nei periodi di rimescolamento cosmico, le forze negative devono essere allontanate con rumori e schiamazzi).

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Bibliografia:
Calendario. Le feste, i miti, le leggende e i riti dell’anno  di Alfredo C.

 

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